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Il Problem Solving

on 30 Giugno 2015 . Postato in Le parole della Psicologia | Letto 51160 volte

problem solving

Il concetto di problem solving implica un ragionamento strutturato e finalizzato alla risoluzione di una situazione complessa, che non può essere ottenuta con l’automatica applicazione di procedure già note né con un approccio intuitivo.

Se il processo di apprendimento comune implica un automatico ricorso a procedure innate o precedentemente acquisite davanti a un problema analogo a un altro già noto, il problem solving è una sequenza di operazioni cognitive al termine della quale si arriva invece ad una soluzione precedentemente sconosciuta. Nello studio dei processi di soluzione dei problemi è opportuno distinguere i problemi come compiti dai problemi propriamente detti. Nei problemi come compiti le prestazioni mentali richieste si rifanno a metodi noti, ossia il soggetto conosce il mezzo per realizzare lo stato finale.

Nei problemi propriamente detti, invece, la soluzione non può essere raggiunta mediante la semplice applicazione di regole note, ma richiede un cambiamento, una rettifica. Il modello in questo caso è il trabocchetto. Quindi, se ci si riferisce ai compiti il metodo della soluzione può essere identificato nella ricerca, mentre per i problemi propriamente detti la via che porta alla soluzione è caratterizzata come scoperta.

Nell’ambito del cognitivismo l’interesse per il problem solving è presente sia come attenzione ai modi con cui il pensiero attinge al patrimonio delle conoscenze già acquisite e spesso strutturate nella forma di schemi corrispondenti ai vari tipi d’esperienza, sia come analisi assai più minuziosa dei singoli passaggi.

Newell e Simon (1972) hanno sviluppato la teoria dello spazio problemico. Quando le persone risolvono un problema si rappresentano mentalmente lo stato iniziale del problema e lo stato finale del problema. Per passare dallo stato iniziale a quello finale, passano attraverso una serie di stati intermedi grazie all’applicazione di operatori mentali. Gli operatori mentali specificano le mosse consentite e quelle non consentite. Nel passaggio da ciascuno stato al successivo sono possibili numerosi percorsi alternativi, ovvero un grande numero di mosse diverse.

Per spostarsi in modo efficiente da uno stato all’altro, cioè per scegliere la mossa che, ad ogni stato, consente di avvicinarsi il più possibile allo stato finale, le persone usano delle strategie o euristiche. Le euristiche sono procedure approssimate, che non specificano ogni azione, ma guidano la ricerca e la sequenza delle azioni da fare. A differenza degli algoritmi, che sono serie di regole esplicite che, seguite in modo sistematico, portano definitivamente alla soluzione del problema, le euristiche non garantiscono di arrivare alla soluzione, ma se hanno successo implicano un risparmio di tempo e fatica.

Uno dei metodi euristici più utilizzati è l’analisi mezzi-fini, che consiste nei passi seguenti:

  • Notare le differenze tra stato attuale e stato finale.
  • Creare una sotto-meta, per ridurre la differenza tra i due stati.
  • Selezionare un operatore che risolverà questa sotto-meta.

L’analisi mezzi-fini è quindi una procedura mediante la quale un problema viene scomposto in tanti sottoproblemi la cui soluzione consente di raggiungere la meta finale. Gli psicologi della Gestalt hanno cercato di dimostrare che il processo di soluzione di un problema (problem solving) era qualcosa di più della “semplice” riproduzione di risposte apprese, e che implicava i processi produttivi di insight e di ristrutturazione.

Il problem solving che si basa esclusivamente su esperienze pregresse può portare all’insuccesso; si ricordino a tale proposito le dimostrazioni in cui i soggetti si fissano sul metodo di soluzione loro insegnato ignorandone altri più semplici, oppure alla fissità funzionale, in cui si dà per scontata la funzione tipica di un oggetto, e come risultato si è incapaci di pensarne un diverso uso.

Per approfondimenti:

  • Psicologia Cognitiva, casa editrice Idelson-Gnocchi
  • wikipedia.org

(A cura della Dottoressa Daniela Scipione)

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Dott. Pierpaolo Spagnolo

Psicologo, psicoterapeuta, esperto in emdr, pensiero in azione: che cos’è il problem solving, quando cerchiamo di risolvere un problema se ci pensiamo bene ci sforziamo di raggiungere un obiettivo, ma spesso non abbiamo ancora a  disposizione i mezzi per farlo. dobbiamo scomporre l’obiettivo finale in sotto-obiettivi e forse  suddividerli ulteriormente in parti ancora più piccole, fino a raggiungere il livello in cui abbiamo i  mezzi per ottenere i nostri scopi. questa procedura, in modo forse un po’ grossolano, frequentemente è definita problem solving . newell e simon (1972) chiedevano a dei soggetti di pensare ad alta voce, mentre cercavano di  risolvere un problema complesso. in seguito analizzavano le risposte verbali dei soggetti  considerandole come indizi delle strategie sottostanti. in questo modo è stato identificato un certo numero di strategie per il raggiungimento di scopi  generali: a) una strategia consiste nel ridurre la differenza tra la condizione attuale e la meta che rappresenta  la soluzione del problema (in questo modo vengono fissati dei sotto-obiettivi che, una volta  raggiunti, ci avvicinano alla meta); b) un’altra strategia è l’analisi dei mezzi e dei fini in cui paragoniamo la nostra condizione attuale  alla meta, per trovare le differenze più importanti. a questo punto, il principale sotto-obiettivo è  la loro eliminazione: questa strategia permette di intraprendere un’azione anche se questa  comporta un temporaneo allontanamento tra la nostra condizione attuale e la meta; c) un’altra strategia è quella di ragionare all’indietro partendo dalla meta (si ragiona procedendo  dall’obiettivo finale al sotto-obiettivo, da questo sotto-obiettivo ad un altro e così via, finchè  arriviamo ad un sotto-obiettivo raggiungibile con i mezzi a nostra disposizione). quando acquisiamo esperienza di un settore specifico sviluppiamo delle procedure dominiospecifiche  più valide che finiscono per prevalere sui metodi deboli. gli esperti hanno un numero  molto maggiore di rappresentazioni specifiche immagazzinate in memoria che possono utilizzare  per risolvere un problema. ad esempio, i n uno studio si è visto che i medici più esperti ragionano dal sintomo alla diagnosi, quelli meno  esperti ragionano nella direzione opposta., lascia un commento annulla risposta.

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Problem Solving: cos’è e come svilupparlo

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9' di lettura

Ogni volta che affrontiamo una situazione che non conosciamo risolviamo un problema ; a volte lo facciamo in modo consapevole mettendoci a ragionare su ogni dettaglio, soluzioni e ripercussioni della nostra scelta, mentre altre volte agiamo in modo del tutto automatico .

In entrambe le situazioni stiamo agendo una delle competenze più rilevanti che possediamo, la capacità di risolvere problemi . Si tratta di una competenza che in sé stessa ne racchiude molte altre: l’analisi , la sintesi , la visione di insieme , la capacità di prendere decisioni , solo per fare alcuni esempi.

Proprio così. Ogni volta che affrontiamo una situazione il nostro cervello mette in moto una serie di competenze che ci permettono di trovare una soluzione , la migliore possibile, per quella situazione specifica.

Il problem solving è una competenza estremamente articolata che richiede allenamento e, in molte situazioni, di essere sviluppata e strutturata attraverso precise metodologie . Infatti, abbiamo vari livelli di problem solving , ognuno dei quali è utile a risolvere problemi posti su un differente piano di complessità. Per approfondire e sviluppare questo argomento il nostro articolo seguirà questi punti:

Problem solving: tra metodologia e competenza

Problem solving: le soft skill di partenza, problem solving: gli step per svilupparlo, problem solving: strumenti per migliorarlo, conclusioni.

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Nonostante sia una competenza già di per sé molto complessa, oggi si arricchisce di una componente, quella digitale . Infatti, come abbiamo visto nell’articolo “Digital problem solving: come risolvere un problema in un mondo digitale?” , a fronte dei cambiamenti apportati dalla digital transformation abbiamo necessità di aggiornare ogni nostra competenza affinchè ci supporti anche in contesti e con tool diversi da quelli a cui il mondo analogico ci ha abituato.

Iniziamo il nostro percorso dall’inizio, dando una definizione a questa competenza e comprendendo come è stata definita dai diversi studiosi che se ne sono occupati.

Problem solving è un termine entrato a far parte del linguaggio comune , chi di noi non si sente ripetere ogni giorno che “è necessario possedere una buona capacità di risolvere i problemi?”.

Tutti noi infatti, siamo coinvolti nella risoluzione delle situazioni che affrontiamo ogni giorno , ogni volta con un diverso grado di difficoltà e complessità.

La nostra efficacia sta nel definire in ciascuna occasione la strategia più adeguata per affrontare la situazione ottenendo il miglior risultato possibile .

Tutta la vita è un risolvere i problemi - Karl Popper

Il noto filosofo sosteneva che, per validare ogni elemento con il quale ci confrontiamo, noi attuiamo una strategia di verifica che ci consente di distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è.

Per questa ragione parliamo di metodologia e di competenza: come viene evidenziato nei rapporti OECD il problem solving è asseverato a tutti gli effetti tra le competenze dell’uomo ma, al tempo stesso, viene associato alla strategia con la quale affrontiamo il problema .

Il problem solving è stato uno dei principali oggetti di studio delle scienze cognitive , insieme di discipline (tra cui psicologia, linguistica, matematica, neuroscienze, informatica) che hanno quale obiettivo quello di comprendere in che modo la nostra mente processi le informazioni a fronte degli stimoli che riceve dall’ambiente esterno. Questi studi hanno portato allo sviluppo delle tecnologie legate all’ Intelligenza Artificiale creando macchine che simulavano il processo di apprendimento ed elaborazione delle informazioni tipiche dell’uomo (tra i primi casi studio ci fu il  Test di Turing ).

Newell e Simon , due tra i più famosi autori che hanno fatto parte di questa corrente di studi, leggono il problem solving come la capacità dell’essere umano di recuperare informazioni dalla propria memoria a lungo termine per affrontare i diversi sotto problemi che separano dall’obiettivo che si desidera raggiungere. Vediamo dunque come la soluzione di problemi non si configuri come un “comportamento” ma come un processo che concatena competenze e comportamenti diversi ,  attraverso il quale ciascuno attiva le proprie risorse per affrontare la situazione che ha davanti.

Questa commistione tra branche scientifiche differenti ha fatto sì che, nel corso del tempo,  siano state modellizzate molte e diverse strategie efficaci per affrontare i problemi.

Andiamo dai famosi “6 cappelli per pensare” di Edward De Bono , al Problem solving strategico di Giorgio Nardone , alle metodologie legate al Design Thinking e all’utilizzo dei Canvas .

Quindi, vediamo come la stessa competenza possa avvalersi di numerosi e diversi strumenti per essere applicata, questo perché tra le tante competenze che possediamo è quello che ci permette di affrontare le situazioni complesse che caratterizzano il quotidiano.

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Così come è complesso affrontare e risolvere un problema, al tempo stesso è articolato valutare tutte le competenze che sono utili ad un problem solver per agire questa capacità.

Le principali possono essere ricondotte a:

capacità di analisi : utile nella prima fase di comprensione della situazione e della definizione delle sottocategorie di problemi in cui è possibile scomporre la situazione di partenza;

capacità di sintesi : utile per identificare l’obiettivo, la soluzione finale che si può raggiungere attraverso l’analisi dei dati;

visione strategica : è importante per valutare l’impatto delle soluzioni sul lungo periodo;

decision making : fondamentale per decidere quale sia la soluzione migliore da adottare a fronte di tutte le analisi svolte.

pensiero laterale/creatività : capacità fondamentale per individuare soluzioni fuori dagli schemi precostituiti, utile alla creazione di prototipi o nuove soluzioni;

pensiero critico : efficace per valutare quanto la soluzione a cui stiamo guardando sia effettivamente la migliore e non semplicemente la prima che abbiamo trovato.

Come abbiamo detto il nostro elenco potrebbe proseguire a lungo e questo avviene perché le situazioni con cui ci confrontiamo sono molto diverse tra loro. Possiamo incontrare almeno 4 tipi di problemi :

problemi semplici : la natura del problema è chiara e abbiamo gli strumenti per rispondere, quelle che nelle organizzazioni chiamiamo best practice;

problemi complicati : la natura del problema è chiara ma non abbiamo ogni tipo di strumento utile e quindi ci avvaliamo di esperti, nelle organizzazioni possiamo ricondurlo a una buona prassi;

problemi complessi : trovare causa ed effetto richiede un’analisi articolata, spesso ci avvaliamo del contributo del team per raggiungere a una soluzione e per lo più mettiamo in campo un approccio volto alla sperimentazione di nuove idee,  possiamo chiamarle pratiche emergenti;

problemi caotici : sono le situazioni politiche, sociali e climatiche che stiamo affrontando in questi ultimi anni, situazioni in cui causa ed effetto non solo sono difficilmente identificabili, ma in cui spesso la soluzione di un micro problema ne genera moltissimi di nuovi. In questi casi la tempestività d’azione è la parola chiave e agiamo attraverso pratiche innovative .

Questi 4 gruppi di problemi chiariscono perché sia necessario immaginare il problem solving come un contenitore di competenze che via via va adattandosi alla situazione che ha di fronte. Grazie a questa sua duttilità permette all’individuo di evolvere e di integrare un numero di soluzioni sempre maggiori e sempre più articolate .

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Per migliorare e allenare la capacità di risoluzione dei problemi è necessario procedere per step. Ogni azione è collegata alle diverse fasi di risoluzione dei problemi .

  • Il primo e fondamentale passaggio è quello di allenare la capacità di identificare i diversi elementi di cui un problema si compone. Infatti, abbiamo spesso la tendenza a tentare di risolvere una situazione che in realtà andrebbe letta come un insieme di problemi piccoli e grandi che sono correlati tra loro . Imparare a identificare un nucleo centrale dal quale partire e i problemi satellite che ad esso sono collegati è un'ottima occasione per avvicinarsi alla risoluzione.
  • Il secondo step è quello della sintesi : portiamo alla luce le evidenze emerse e definiamo un piano di azione identificando eventuali forme di supporto (persone, specialisti, strumenti) che possono aiutarci per procedere. 
  • Una volta compresa la strada e le modalità di risoluzione non dobbiamo fare altro che iniziare a risolvere , passo dopo passo, le diverse situazioni problematiche prestando sempre attenzione alle variazioni che la risoluzione dei singoli problemi determina sull’ambiente.

Si avete capito bene: risolvere un problema significa spesso generarne uno nuovo e diverso ed è per questo che è rilevante adottare una buona strategia di decisione che ci consenta di definire quale strada, pur conducendo alla risoluzione attesa,  abbia meno impatti rispetto alle altre.

Quindi, per allenare questa competenza, è rilevante imparare a scomporre le situazioni adattando le proprie scelte di risoluzione in funzione degli impatti che si desidera ottenere.

Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti ci sono differenti approcci funzionali alla gestione e risoluzione dei problemi.

Si tratta di metodologie precise che ci accompagnano nei diversi passaggi facilitando la razionalizzazione e la visualizzazione delle diverse fasi. Spesso, queste metodologie, consigliano di avvalersi di un gruppo di lavoro per ampliare i punti di vista rispetto alla gestione di situazioni articolate.

Per parlare di strumenti ci rifacciamo alle strategie di Design Thinking , ossia di un approccio che nasce allo scopo di trovare soluzioni creative e innovative a problemi complessi.

Il Design Thinking nasce per favorire la visualizzazione e condivisione dei problemi in modo ordinato e strutturato . Non a caso è un approccio che si basa su strumenti che ci permettono di disegnare il problema e le sue possibili soluzioni formulando ipotesi e idee secondo schemi precisi.

Tra gli strumenti più noti abbiamo le mind map : una vera e propria mappa che ci consente di partire da un elemento comune per sviluppare tutte le diramazioni che possano essere generate dallo stesso. Questo consente di analizzare un problema in ogni sua componente guardando concretamente che tipo di ricadute possano esserci.

newell e simon problem solving rappresentazione proposizionale

E’ importante parlare del double diamond , tipico del problem solving creativo . E’ uno strumento molto efficace per facilitare il brainstorming, si chiede alle persone di lavorare secondo due fasi di esplorazione di risoluzioni del problema. La prima fase è quella divergente nella quale ciascuno formula ipotesi e idee in modo casuale e senza pregiudizio. La seconda fase invece, è quella della convergenza durante la quale l’invito è quello di prendere le proposte più interessanti per svilupparle insieme.

Entrambi questi metodi di analisi e sviluppo sono molto articolati e nascono per rispondere alla necessità di risolvere complessi e sofisticati problemi nel mondo dell’innovazione .

Tuttavia, se usati con metodo, sono facilmente applicabili ad ogni contesto e situazione portando con sé il grande vantaggio di pote r visualizzare il problema e le soluzioni e di condividerlo con altri .

Abbiamo visto che il problem solving è una competenza che racchiude in sé diverse sottocompetenze che si fanno via via più articolate e numerose in funzione della situazione da affrontare.

Per questa ragione sono molte le scienze che si sono dedicate allo studio di questa capacità umana che è quella che meglio racconta i percorsi che la nostra mente compie per elaborare le informazioni e procedere verso una decisione .

E’ una capacità talmente articolata che prevede di poggiarsi su metodi strutturati proprio per migliorare la qualità di ciascuna fase di elaborazione delle informazioni a nostra disposizione.

Inoltre, essendo alla base degli studi sull’intelligenza artificiale , è una di quelle competenze che è maggiormente correlata allo sviluppo del digitale ed è fondamentale mantenere l’allenamento proprio per stare al passo con i tempi.

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Katia D'Amico

Head of Education in Digital Dictionary. Giocatrice di Lego dal 1980, amante di Star Wars e di ogni tipo di prequel e sequel prodotto ad oggi. Incapace di star ferma, curiosa del mondo per scoprire cosa succede di nuovo e per imparare qualcosa. Sbadata e con la testa tra le nuvole, amo inciampare e ridere di me.

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Home » Learning Theories » General Problem Solver (A. Newell & H. Simon)

General Problem Solver (A. Newell & H. Simon)

The General Problem Solver (GPS) was a theory of human problem solving stated in the form of a simulation program (Ernst & Newell, 1969; Newell & Simon, 1972). This program and the associated theoretical framework had a significant impact on the subsequent direction of cognitive psychology. It also introduced the use of productions as a method for specifying cognitive models.

The theoretical framework was information processing and attempted to explain all behavior as a function of memory operations, control processes and rules. The methodology for testing the theory involved developing a computer simulation and then comparing the results of the simulation with human behavior in a given task. Such comparisons also made use of protocol analysis (Ericsson & Simon, 1984) in which the verbal reports of a person solving a task are used as indicators of cognitive processes.

GPS was intended to provide a core set of processes that could be used to solve a variety of different types of problems. The critical step in solving a problem with GPS is the definition of the problem space in terms of the goal to be achieved and the transformation rules. Using a means-end-analysis approach, GPS would divide the overall goal into subgoals and attempt to solve each of those. Some of the basic solution rules include: (1) transform one object into another, (2) reduce the different between two objects, and (3) apply an operator to an object. One of the key elements need by GPS to solve problems was an operator-difference table that specified what transformations were possible.

Application

While GPS was intended to be a general problem-solver, it could only be applied to “well-defined” problems such as proving theorems in logic or geometry, word puzzles and chess.  However, GPS was the basis other theoretical work by Newell et al. such as  SOAR  and  GOMS . Newell (1990) provides a summary of how this work evolved.

Here is a trace of GPS solving the logic problem to transform L1= R*(-P => Q) into L2=(Q \/ P)*R (Newell & Simon, 1972, p420):

Goal 1: Transform L1 into LO Goal 2: Reduce difference between L1 and L0 Goal 3: Apply R1 to L1 Goal 4: Transform L1 into condition (R1) Produce L2: (-P => Q) *R Goal 5: Transform L2 into L0 Goal 6: Reduce difference between left(L2) and left(L0) Goal 7: Apply R5 to left(L2) Goal 8: Transform left(L2) into condition(R5) Goal 9: Reduce difference between left(L2) and condition(R5) Rejected: No easier than Goal 6 Goal 10: Apply R6 to left(L2) Goal 11: Transform left(L2) into condition(R5) Produce L3: (P \/ Q) *R Goal 12: Transform L3 into L0 Goal 13: Reduce difference between left(L3) and left(L0) Goal 14: Apply R1 to left(L3) Goal 15: Transform left(L3) into condition(R1) Produce L4: (Q \/ P)*R Goal 16: Transform L4 into L0 Identical, QED

  • Problem-solving behavior involves means-ends-analysis, i.e., breaking a problem down into subcomponents (subgoals) and solving each of those.
  • Ericsson, K. & Simon, H. (1984). Protocol Analysis. Cambridge, MA: MIT Press.
  • Ernst, G. & Newell, A. (1969). GPS: A Case Study in Generality and Problem Solving. New York: Academic Press.
  • Newell, A. (1990). Unified Theories of Cognition. Cambridge, MA: Harvard University Press.
  • Newell, A. & Simon, H. (1972). Human Problem Solving. Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall.

Information Processing and Moral Problem Solving

  • Published: 10 February 2018
  • Volume 57 , pages 911–922, ( 2021 )

Cite this article

  • Cassey Lee   ORCID: orcid.org/0000-0002-4591-6210 1  

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Herbert Simon and Allen Newell made important contributions to the study of human problem solving within an information processing system (IPS) framework. Contemporary debates and discussions on moral judgment and representation makes little or no reference to their work on problem-solving. This study argues that Simon and Newell’s IPS framework provides a useful integrative framework for the study of moral problem solving. Variations in the boundaries between the task environment and the IPS suggest its potential as a framework for a comparative study of intra and inter-species moral problem-solving.

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Source : Newell and Simon ( 1972 , p. 20)

Source : Newell and Simon ( 1972 , p. 289)

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Jonathan Sivan, Oliver Scott Curry & Caspar J. Van Lissa

Simon did venture into altruism. See Simon ( 1990 ).

See Shafer-Landau ( 2015 ).

Kymlicka ( 1991 ) draws attention to two different approaches in the social contract tradition, namely, Hobbesian contractarianism and Kantian contractarianism.

Campbell ( 2010 ) has argued that such evaluations have to take into account desert.

There are other ways of organizing theories of justice. Konow ( 2003 ) proposed four theoretical categories of theories of justice based on the following categories, namely: (i) equity and need (ii) utilitarianism and welfare economics (iii) equity and desert and (iv) the dependence of justice evaluation on context.

Philosophers make the distinction between naturalistic and non-naturalistic moralities.

A variety of mathematical and computational approaches to the study of the evolution of ethics have emerged. These include evolutionary game theory and spatial interactions models. One should be careful in analysing these theories. Are the limitations due to the theory per se (e.g. assumption made) or due to something more intrinsic to the evolutionary process.

Interestingly, Newell and Simon have argued that such a program is an observer’s device to describe the system—all that is needed are mechanisms that behave in a way described by the program (ibid, p. 33).

See Newell and Simon ( 1972 , p. 75). Note that for Newell and Simon, the solution could be \(u_{t}\) or \(Q_{t}\) . The iterative process could be entirely internal to the problem solver.

Evolution could shift the boundaries towards the environment—this may partly depend on the intermediaries such as the receptors and effectors. This is also consistent with Buddhism’s emphasis on the body’s sensors. Culture and cooperation could be another way of interpreting the shift in boundaries.

Newell and Simon ( 1972 , p. 100) provides an intriguing visualization of problem solving: “ .., the task of problem solving procedure is to grow a tree of operator sequences that will not branch too luxuriantly, and will include at least one solution path.”

Such a choice may be an internal reflection or one that leads to an action on others (external).

For primers of these field, see, for example, Dukas ( 1998 ) and Stevens ( 2013 ).

Bartels, D. M., Bauman, C. W., Cushman, F. A., Pizarro, D. A., & McGraw, A. P. (2015). Moral judgment and decision making. In G. Keren & G. Wu (Eds.), The Wiley Blackwell hndbook of judgment and decision making . Chichester: Wiley.

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ISEAS – Yusof Ishak Institute, 30 Heng Mui Keng Terrace, Singapore, 119614, Singapore

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Lee, C. Information Processing and Moral Problem Solving. Comput Econ 57 , 911–922 (2021). https://doi.org/10.1007/s10614-018-9801-1

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Accepted : 02 February 2018

Published : 10 February 2018

Issue Date : March 2021

DOI : https://doi.org/10.1007/s10614-018-9801-1

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Newell e Simon. Microteorie nell'intelligenza artificiale

La teoria generale dell’elaborazione umana doveva invece risultare dalla “fusione” (e non dalla semplice somma) di un corpus di microteorie. Newell e Simon che operarono ai tempi della prima IA, ritennero che il test di Turing fosse “debole” per essere preso come “modello” di spiegazione psicologica dal momento che esso non riguardava i processi del pensiero ma solo il risultato finale. Nonostante una macchina fosse in grado di battere un ottimo giocatore di scacchi, rimaneva la differenza di “stile” nel gioco. La domanda ora è: nonostante questi tentativi abbiano aperto le porte allo sviluppo dell’IA soprattutto in relazione alle capacità predittive delle macchine, può questo approccio portare alla costruzione di buoni modelli del mentale? A questa domanda Simon e Newell hanno risposto in maniera differente: mentre il primo continuò a spendere energie per la costruzione di microteorie, lavorando per raffinare il procedimento dei protocolli verbali, Newell si rese conto che la continua costruzione di microteorie non avrebbe portato alla possibilità di costruire un’unica teoria generale o “unificata” della cognizione, frutto della loro fusione.

Continua a leggere:

  • Successivo: Marr e processi di apprendimento nei calcolatori
  • Precedente: Newell e elaborazione processi cognitivi per macchina

Dettagli appunto:

  • Autore : Carlo Cilia
  • Università : Università degli Studi di Catania
  • Facoltà : Lettere e Filosofia
  • Esame : Filosofia della scienza

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Cognitivismo

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Voci correlate

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Scienza cognitiva

Enciclopedia on line

scienza cognitiva L’insieme delle discipline ( intelligenza artificiale, psicologia cognitiva, linguistica , psicolinguistica , filosofia della mente e del linguaggio , neuroscienze, antropologia ), che hanno per oggetto lo studio dei processi cognitivi umani e artificiali.

I presupposti

I presupposti storici e teorici per la nascita della s. possono essere individuati già nel celebre test escogitato da A. Turing (➔ Turing, Alan Mathison ), il quale, partendo dall’assunto che è impossibile distinguere, in circostanze sperimentali opportune, tra le prestazioni cognitive di una macchina e quelle di un essere umano, suggeriva l’affinità, se non proprio l’identità, tra intelligenza umana e intelligenza artificiale (IA). Un’altra fonte storica è rappresentata dalla psicologia cognitiva, che si fonda sul paradigma della mente come sistema di elaborazione di informazioni (human information processing) ed è stata largamente influenzata dalla ricerca sull’IA e dall’ informatica . Si aggiunga infine l’impatto delle teorie linguistiche di N. Chomsky che, estese all’ambito psicolinguistico, avevano ipotizzato l’esistenza di autentiche capacità mentali innate, sviluppate e affinate nel rapporto con l’ambiente (➔ generativismo ).

La data di nascita ufficiale della s. è il 1978, anno in cui si tenne a La Jolla (California) un convegno organizzato dalla Cognitive science society cui parteciparono ricercatori di IA, psicologi, linguisti, neuroscienziati e filosofi, tutti accomunati dall’idea di conseguire una sempre maggiore interdisciplinarità tra i molteplici ambiti d’indagine che hanno per oggetto la mente umana.

Metodologia

Modelli cognitivi. Sulla base dell’idea che l’attività cognitiva umana consista essenzialmente nell’elaborazione di un certo insieme di informazioni, le ricerche della s. sono state principalmente volte a sviluppare modelli di elaborazione dell’ informazione sperimentalmente controllabili. Il punto di partenza è costituito dalla scrupolosa osservazione del modo in cui si suppone ragionino o eseguano particolari compiti cognitivi soggetti umani in condizioni opportunamente selezionate, così da determinare i vincoli da porre alla costruzione dei modelli cognitivi ipotizzabili e dei programmi da implementare. Questa metodologia empirica ha dato impulso all’elaborazione di modelli computazionali realistici in grado di rappresentare adeguatamente la specificità dei processi cognitivi umani, che non sempre sono riconducibili alle regole formulate in sede di teoria logica . Si è visto infatti che il ragionamento umano, almeno nelle situazioni più comuni, si rivela, sotto molti aspetti, più flessibile e insieme più complesso di quanto non lasci supporre la logica classica.

In tale prospettiva si colloca una vasta serie di ricerche volte a simulare in forma computazionale l’attività di risoluzione di problemi, quella di rappresentazione mentale alla base della comprensione e della conoscenza e quella soggiacente alle procedure inferenziali. All’ analisi della risoluzione di problemi hanno contribuito in modo determinante A. Newell e H.A. Simon (Human problem solving, 1972). Sulla base di dati empirici costituiti dai ‘protocolli’ di soggetti che eseguivano le operazioni di risoluzione ad alta voce, Newell e Simon hanno cercato di fornire una descrizione del modo in cui le informazioni pertinenti alla soluzione di un problema vengono via via ricuperate dalla memoria a lungo termine e utilizzate nella soluzione dei vari sottoproblemi in cui viene scomposto il problema di partenza, così da pervenire da uno stato iniziale a uno stato finale (stato-meta) che è la soluzione o l’ obiettivo perseguito.

Il programma di Newell e Simon, nonostante l’obiettivo di fornire una simulazione sufficientemente generale tale da includere anche il modo in cui solitamente gli esseri umani risolvono i problemi della vita quotidiana, trova il suo limite nella specializzazione a risolvere problemi di tipo ‘strutturato’ (come quelli di criptoaritmetica, logica e scacchi), cioè chiaramente definiti sul piano delle regole e dei vincoli da rispettare, delle soluzioni da raggiungere e degli ambiti entro cui si sviluppa la ricerca delle soluzioni. Proprio l’esigenza di rendere conto dei più comuni processi cognitivi è alla base di alcuni dei maggiori risultati della s., come la teoria delle reti semantiche (intese come sistemi di rappresentazione delle interconnessioni dei concetti e dei significati), elaborata da M.R. Quillian, la teoria dei prototipi di E. Rosch (➔ semantica ) e soprattutto la teoria dei frames di M.L. Minsky.

Frames e scripts. Un frame è una struttura-dati esistente in memoria, un insieme di conoscenze implicite con cui vengono rappresentate situazioni o eventi stereotipi, come, per es., una tipica festa di compleanno, una tipica stanza di soggiorno. Ciascun frame costituisce un insieme di aspettative e presupposizioni (attivate da opportune esperienze percettive come la visione di un ambiente, la lettura di un testo, la narrazione di una serie di eventi) che possono essere soddisfatte o deluse: il veloce recupero dalla memoria a lungo termine dei frames pertinenti, la capacità di attivare più frames e subframes per comprendere situazioni particolarmente complesse, di trovare plausibili giustificazioni per le situazioni non corrispondenti alle aspettative dei frames attivati o di integrare, modificare o sostituire quelli che non si adattano alle situazioni esperite costituiscono in larga misura caratteristiche tipiche dell’intelligenza e della comprensione umane, di cui si deve tener conto nella realizzazione di programmi che intendano adeguatamente simularle.

Un ulteriore sviluppo della teoria dei frames si deve a R.C. Schank e R.P. Abelson, che hanno ampliato con la nozione di script quella di frame: scopo di uno script è rappresentare in forma algoritmica, in modo da fornire istruzioni pertinenti a un calcolatore , l’insieme delle conoscenze implicite e delle aspettative che si suppone permettano a un essere umano di comprendere, compiendo le corrette inferenze, sequenze di eventi che sono ricostruibili da narrazioni coerenti (per es., andare al ristorante, chiamare il cameriere, ordinare ecc.).

Modello e immagini mentali. Nell’ambito della psicologia cognitiva più vicina all’IA, un particolare rilievo ha assunto la nozione di modello mentale elaborata in particolare da P.N. Johnson-Laird. Un modello mentale è una rappresentazione interna in forma analogica di oggetti, stati di cose e sequenze di eventi; esso può essere pensato come una sorta di immagine, provvista di un certo grado di arbitrarietà e variabilità, di una situazione percepita visivamente o descritta linguisticamente.

Un’altra area di ricerca tipica della s. è quella delle immagini mentali. Caratteristica della psicologia ottocentesca e di antica tradizione filosofica, è stata riproposta nell’ambito della s. grazie a A. Paivio, R.N. Shepard e soprattutto S.M. Kosslyn. A quest’ultimo si deve non solo un’articolata trattazione teorica basata su un’ampia serie di dati sperimentali relativi alle immagini mentali e alle capacità mentali che i soggetti hanno di sottoporle a trasformazioni (per es., rotazioni) e di ragionare tramite il ricorso a informazioni prive di rappresentazione proposizionale, ma anche l’elaborazione di sofisticati modelli computazionali.

Le pretese eccessive del modello computazionale della mente sono state evidenziate in particolare dai filosofi H.L. Dreyfus e J. R. Searle. Il primo ha segnalato i limiti del programma dell’IA sulla base del costitutivo radicamento dell’ esperienza umana da un lato nella corporeità, dall’altro in contesti culturali che sono alla base di pratiche, conoscenze implicite, attività cognitive e di comprensione le cui caratteristiche non sono replicabili in modo algoritmico e formalizzato in nessun programma per calcolatore. Searle, d’altro canto, ha notato come i programmi per calcolatori non riescano a catturare la specificità dei fenomeni mentali, la loro intrinseca intenzionalità , cioè il loro essere provvisti di una semantica, il loro riferirsi a contenuti di significato e a entità extramentali.

Rapporto con le neuroscienze. Se la s. è stata caratterizzata dal grande sviluppo delle ricerche di IA e dalle sempre più strette connessioni fra tali ricerche e la psicologia cognitiva, un problema con cui tale orientamento si è trovato a confrontarsi è stato il rapporto con le neuroscienze. Le sempre più avvertite esigenze di teorie cognitiviste fornite di plausibilità dal punto di vista neuroscientifico hanno condotto alla nascita di un nuovo approccio, noto con il nome di connessionismo (➔; o modello a reti neurali o parallel distributed processing) che rappresenta il più articolato programma di ricerca volto a conseguire una spiegazione dei processi cognitivi in grado di rispettare rigorosi vincoli neurologici.

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Simulatore secondaria

Il questionario è finito.

' class=

Secondo Johann Heinrich Pestalozzi il metodo di educazione si basa su tre forze presenti nello spirito nel ragazzo, ovvero la forza del “cuore”, la forza della “mente” e la forza della “mano”. Quest’ultima:

In base all’art. 9 del d.P.R. 275/1999, i curricoli obbligatori devono necessariamente essere arricchiti con discipline e attività facoltative?

Il brainstorming è una tecnica di lavoro di gruppo:

La legge 104/1992 affida ai GLIR (Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regionale) compiti:

Martin Hoffman nei suoi lavori parla dei valori morali degli adolescenti e del ruolo dei genitori. Secondo lui:

Secondo il modello di Atkinson e Shriffin, esistono tre tipi di memoria. Quali sono?

La capacità di comprendere e fare proprio ciò che sente un’altra persona è definita:

La Flipped Classroom è una modalità di insegnamento in cui le tradizionali sequenze di lavoro sono capovolte, poiché prevede:

Secondo Edward de Bono, in un gruppo che conosce le tecniche creative, la provocazione:

Albert Bandura parla di rinforzo:

Il problem solving richiede la scomposizione di un obiettivo in sotto-obiettivi più facili da raggiungere. Quale delle seguenti, secondo Newell e Simon, NON è una strategia da utilizzare?

James E. Marcia individua due criteri attraverso cui l’individuo durante l’adolescenza forma la propria identità. Quali sono?

Il metodo della “doppia stimolazione” di Lev Semënovič Vygotskij prevede di presentare:

Secondo l’approccio delle Capabilities, il superamento della disabilità coincide con:

Quale dei seguenti NON è un tipo di intelligenza secondo Howard Gardner?

Il Cooperative Learning modifica il setting tradizionale d’aula. In che modo?

In base al d.P.R. 249/1998, nei periodi, non superiori a quindici giorni, di allontanamento dello studente dalla scuola per sanzione disciplinare:

Nell’attivismo pedagogico, l’educazione è:

Il d.P.R. 249/1998 riconosce agli studenti:

Secondo Jean Piaget, cosa avviene nella stadio operativo formale?

Il modello Jigsaw è una tecnica di lavoro di gruppo nella quale:

Il d.P.R. 275/1999 prescrive che le istituzioni scolastiche regolino i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività:

In base alla legge 170/2010, se gli studenti presentano persistenti difficoltà nonostante adeguate attività di recupero didattico mirato:

Il modello dell’ecologia dello sviluppo umano di Urie Bronfenbrenner riguarda:

Quale tra i seguenti elementi è il nucleo della costruzione del sé secondo Jerome Bruner?

Come viene definito da David Wood, Jerome S. Bruner e Gail Ross il sostegno dialogico fornito da chi è più esperto, che orienta senza dirigere e che aiuta a risolvere un problema e ad appropriarsi di nuovi mezzi cognitivi?

Il contributo di John Dewey alle scienze umane si è concretizzato nellൄambito:

Quali sono, secondo Joy Paul Guilford, i fattori fondamentali del pensiero divergente?

La legge 170/2010 definisce la disortografia come:

Secondo Daniel Goleman l’intelligenza emotiva ha a che fare:

Il tuo punteggio è

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Catania I grado 2019/2020

Suor orsola i grado 2020/2021, salento i grado 2020/2021, catania ii grado 2020/2021, unicamillus i grado 2020/2021, unicamillus ii grado 2020/2021, articoli più popolari, tfa sostegno: raccolta prove selettive dei cicli precedenti, simulatore prova preselettiva tfa sostegno, mobilità 2024/2025: l’elenco dei distretti, prova pratica concorso ordinario: traccia estratta all’atto dello svolgimento; esempi di prova pratica per classe di concorso, tfa sostegno: chiarimenti sul tirocinio diretto e indiretto, coi, coe stesso comune, coe comune diverso, spezzoni e completamento orario: come si compila la domanda [chiarimenti], ultimi articoli, scuola, il ministero stanzia 14 mln per la proroga di 6 mila contratti ata. valditara: “ulteriore impegno per garantire continuità delle attività a sostegno..., docenti assunti da straordinario bis 2023/24: cosa succede nel caso di contrazione di posti nella scuola di servizio [chiarimenti], tfa sostegno: candidati riservatari 3 su 5 possono concorrere per la quota di riserva di un solo ateneo [tutte le faq], tfa sostegno unito: pubblicato il bando per il ix ciclo, scadenza iscrizioni 30 aprile ore 15, nuova ordinanza gps: parere negativo del cspi su supplenze con titolo estero non ancor riconosciuto. ecco il parere e le proposte di modifica., progetto nazionale “allestimento spazi non convenzionali per l’attività motoria e sportiva nelle scuole” rivolto alle scuole primarie e secondarie di i grado..

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  1. Newell's Model Of Constraints

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  2. Outline of a problem solver. Source: Newell and Simon (1972, p. 289

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  3. Human Problem Solving : Newell, Allen, Simon, Herbert A.: Amazon.es: Libros

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  4. Problem solving 3 stage model by Allen Newell and Herbert Simon

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  5. 4: Organization of problem solving with uncertainty. Application of

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  6. The General Problem Solver

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COMMENTS

  1. Il Problem Solving

    Il termine inglese problem solving indica il processo cognitivo messo in atto per analizzare la situazione problemica ed escogitare una soluzione. E' un'attività del pensiero che un organismo mette in atto, per raggiungere una condizione desiderata a partire da una condizione data. Il concetto di problem solving implica un ragionamento ...

  2. Pensiero in azione: che cos'è il problem solving

    Newell e Simon (1972) chiedevano a dei soggetti di pensare ad alta voce, mentre cercavano di risolvere un problema complesso. In seguito analizzavano le risposte verbali dei soggetti considerandole come indizi delle strategie sottostanti. In questo modo è stato identificato un certo numero di strategie per il raggiungimento di scopi generali:

  3. PDF Il problem solving

    Il problem solving è un processo che viene utilizzato in molti campi specifici, compresi l'intelligenza artificiale, l'informatica, l'ingegneria, la psicologia e le scienze cognitive. In realtà, però, il problem solving fa parte della vita di tutti i giorni. Per usare le parole di Karl Popper, tutta la vita è un risolvere i problemi.

  4. CAPITOLO 8

    • General Problem Solver (Newell e Simon, 1957) • Spazio del problema: rappresentazione mentale del problema e del processo solutorio determinato da: • Operatori: azioni che possono essere effettuate su ogni stato per trasformarlo • Stati del problema: tutti i possibili momenti che partono dallo stato iniziale alla soluzione Principali ...

  5. (PDF) Newell and Simon's Logic Theorist: Historical Background and

    Many of the novel ideas about mental representation and problem solving instantiated in the Logic Theorist are still a ... (Miller et al., 1960;Newell & Simon, 1956) and only later generalized ...

  6. Human problem solving.

    Newell, A., & Simon, H. A. (1972). Human problem solving. Prentice-Hall. Abstract. Elaborates a comprehensive theory of human problem solving. The book is divided into 5 parts: The 1st presents foundations of the information processing approach; 3 parts contain detailed analyses of problem solving behavior in specific task areas ...

  7. Problem solving and learning.

    A. Newell and H. A. Simon (1972) provided a framework for understanding problem solving that can provide the needed bridge between learning and performance. Their analysis of means-ends problem solving can be viewed as a general characterization of the structure of human cognition. However, this framework needs to be elaborated with a strength concept to account for variability in problem ...

  8. Newell and Simon's Logic Theorist: Historical Background and Impact on

    Fifty years ago, Newell and Simon ... Elements a theory of human problem solving. Psychological Review, 65(3), 151-166. Crossref. ISI. Google Scholar. Shannon C. E. (1948). A mathematical theory of communication, Bell System Technical Journal, 27(July and October), pp. 379-423 and 623-656. Crossref. Google Scholar.

  9. Problem Solving

    In the Newell and Simon (1972) approach, the problem solver's internal representation of a problem is referred to as the problem space. This internal representation is distinguished from the problem solving task itself, as defined objectively or from the point of view of an omniscient observer, which is referred to as the task environment .

  10. Problem Solving: cos'è e come svilupparlo

    Il problem solving è una competenza estremamente articolata che richiede allenamento e, in molte situazioni, di essere sviluppata e strutturata attraverso precise metodologie. Infatti, abbiamo vari livelli di problem solving, ognuno dei quali è utile a risolvere problemi posti su un differente piano di complessità.

  11. PDF Review of A.Newell & H.A.Simon, 'Human Problem Solving (1972 ...

    Abstract This is Part 1 of a philosophically minded review of the 1972-Book of Allen Newell and Herbert A.Simon [NH72]. The book is a kind of a synthesis of both authors (although both authors have published more books afterwards). Taking the ideas of the book the reviewer discusses these ideas in the light of his own research.

  12. (PDF) The Problems with Problem Solving: Reflections on the Rise

    The research paradigm invented by Allen Newell and Herbert A. Simon in the late 1950s dominated the study of problem solving for more than three decades. But in the early 1990s, problem solving ...

  13. General Problem Solver (A. Newell & H. Simon)

    The General Problem Solver (GPS) was a theory of human problem solving stated in the form of a simulation program (Ernst & Newell, 1969; Newell & Simon, 1972). This program and the associated theoretical framework had a significant impact on the subsequent direction of cognitive psychology. It also introduced the use of productions as a method ...

  14. Information Processing and Moral Problem Solving

    Contemporary debates and discussions on moral judgment and representation makes little or no reference to their work on problem-solving. This study argues that Simon and Newell's IPS framework provides a useful integrative framework for the study of moral problem solving.

  15. Newell e Simon. Microteorie nell'intelligenza artificiale

    Microteorie nell'intelligenza artificiale. La teoria generale dell'elaborazione umana doveva invece risultare dalla "fusione" (e non dalla semplice somma) di un corpus di microteorie. Newell e Simon che operarono ai tempi della prima IA, ritennero che il test di Turing fosse "debole" per essere preso come "modello" di spiegazione ...

  16. Il problem solving

    Il. problem solving. Il problem solving è solo una parte di quello che è l'intero processo di risoluzione di un problema vero e proprio: l'intera procedura comprende anche i processi cosiddetti di. problem posing, problem finding e problem shaping. Problem finding (= individuazione del problema): la fase che comprende l'individuazione e la ...

  17. Scienza cognitiva in "Enciclopedia Italiana"

    All'analisi della risoluzione di problemi hanno contribuito in modo determinante A. Newell e H.A. Simon, il cui monumentale lavoro sul problem solving (1972) - coronamento di un ventennio di ricerche dedicate alla modellizzazione computazionale di aspetti fondamentali della razionalità umana - è tuttora tra i risultati più importanti e più ...

  18. Cognitivismo

    Al raduno del MIT parteciparono anche Newell e Simon, che presentarono un programma computerizzato che simulava i processi umani nell'attività di problem solving. Contemporaneamente o qualche anno dopo la presentazione degli studi di Chomsky e di Newell e Simon, vengono pubblicate opere che avanzano ipotesi e modelli della mente umana.

  19. Problem solving and learning.

    A. Newell and H. A. Simon (1972) provided a framework for understanding problem solving that can provide the needed bridge between learning and performance. Their analysis of means-ends problem solving can be viewed as a general characterization of the structure of human cognition. However, this framework needs to be elaborated with a strength concept to account for variability in problem ...

  20. Human Problem Solving

    Human Problem Solving. First published in 1972, this monumental work develops and defends the authors' information processing theory of human reasoning. Human reasoners, they argue, can be modeled as symbolic "information processing systems" (IPSs), abstracted entirely from physiological bases. Modeling subjects with IPSs yields predictive ...

  21. scienza cognitiva nell'Enciclopedia Treccani

    Sulla base di dati empirici costituiti dai 'protocolli' di soggetti che eseguivano le operazioni di risoluzione ad alta voce, Newell e Simon hanno cercato di fornire una descrizione del modo in cui le informazioni pertinenti alla soluzione di un problema vengono via via ricuperate dalla memoria a lungo termine e utilizzate nella soluzione ...

  22. Unicamillus II grado 2020/2021

    Il problem solving richiede la scomposizione di un obiettivo in sotto-obiettivi più facili da raggiungere. Quale delle seguenti, secondo Newell e Simon, ... Rappresentazione proposizionale. C) Ragionamento all'indietro. D) Riduzione delle differenze tra la condizione attuale e la meta.

  23. Suor Orsola II grado 2020/2021

    Il problem solving richiede la scomposizione di un ... secondo Newell e Simon, NON è una strategia da utilizzare? A) Riduzione delle differenze tra la condizione attuale e la meta. B) Analisi dei mezzi e dei fini. C) Visione olistica della problematica. D) Ragionamento all'indietro. E) Rappresentazione proposizionale. 9 / 30. In ...